Un sistema di voto, due candidati, infinite possibilità di esito. Le Elezioni USA di quest’anno vedono contrapposti due candidati molto diversi, Kamala Harris e Donald Trump, ma c’è un elemento in più che potrebbe rivelarsi decisivo: il sistema di voto scelto.
Se l’esito di questo voto è atteso nella notte italiana tra il 5 e il 6 novembre, le conseguenze della scelta elettorale si potrebbero estendere ben oltre. Sotto la superficie della competizione politica, infatti, si nasconde un altro scenario: quanto il metodo di voto può influenzare i risultati elettorali e persino il futuro stesso della democrazia americana? C’è un dato da considerare, che forse molti europei sottovalutano. Negli Stati Uniti la “fedeltà ideologica” a un partito è una pura illusione. Un sondaggio Gallup del 2023 ha rilevato che il 43% degli americani si considera politicamente indipendente: questo fa capire il costante, serpeggiante malcontento degli elettori qualsiasi sia il “colore” dell’Amministrazione di turno. E allora, il mio facile pronostico è servito: tra Trump e Harris sicuramente vincerà il sistema di voto, e sicuramente chi perderà si rifarà su questo per denunciare l’irregolarità del risultato. Ma c’è un modo per mettere tutti d’accordo? Il futuro delle società può essere stabilizzato e democratizzato anche attraverso il modo di votare?
Pluralità: semplicità o limite?
Negli Stati Uniti, il sistema di voto per pluralità (o “first past the post”) è quello tradizionalmente adottato. Un sistema semplice: ogni elettore sceglie un solo candidato, e chi riceve più voti vince. È facile da capire, con un legame diretto tra numero di voti e vincitore, ma questo sistema ha dei limiti. Non garantisce infatti che il candidato vincente sia il preferito dalla maggioranza degli elettori. Con una competizione a tre o più candidati, spesso si verifica che il vincitore rappresenti solo una minoranza. Questo genera il rischio del cosiddetto “effetto spoiler”, in cui un candidato minoritario sottrae voti a uno dei principali, alterando il risultato. Come evidenziato da Romain Lechat di Sciences Po, la pluralità è una scelta chiara ma talvolta limitante, specie in un clima di forte polarizzazione politica.
“È un sistema che tutti capiscono e dove il risultato è immediato. Ma se guardiamo più a fondo, capiamo che non riflette sempre la volontà complessiva dell’elettorato.”
Ranked choice voting: un nuovo sistema di voto
Negli ultimi anni, alcune città e stati americani hanno adottato un sistema diverso, il ranked choice voting (RCV). Questo metodo consente di esprimere più di una preferenza, ordinando i candidati per priorità. Se nessuno ottiene subito la maggioranza, vengono conteggiati i voti di seconda scelta degli elettori che avevano scelto l’ultimo classificato, e così via, finché un candidato non raggiunge la maggioranza assoluta. Caroline Tolbert dell’Università dell’Iowa ne elogia i benefici: oltre a ridurre la polarizzazione, questo sistema potrebbe incoraggiare una campagna più pacata e aperta, con i candidati che mirano a conquistare anche le seconde e terze preferenze.
“È un sistema che invita al dialogo e alla moderazione, permettendo di individuare un vincitore con un ampio supporto. E questo potrebbe portare a elettori più soddisfatti.”
Tuttavia, RCV è più complesso e presenta delle sfide per gli elettori meno avvezzi alla sua logica. C’è anche il rischio che voti compilati in modo errato vengano scartati, soprattutto dove il sistema è una novità. Per ora, RCV è stato sperimentato in alcuni stati come il Maine e l’Alaska, oltre che in città come New York e San Francisco. Ma un’adozione su larga scala richiederebbe ancora tempo e numerosi test.
Voto di approvazione: una via semplice?
Un’opzione ancora diversa è il voto di approvazione, in cui ogni elettore può esprimere il proprio consenso su uno o più candidati. In questo caso, il vincitore è chi riceve il maggior numero di approvazioni complessive. Secondo Whitney Hua del Center for Election Science, questo metodo risolve il problema dell’effetto spoiler e risulta semplice da comprendere anche per chi non ha familiarità con sistemi di voto alternativi.
“È un metodo accessibile, che consente di esprimere preferenze multiple senza obbligare a ordinarle. Si presta bene sia a elezioni locali sia a contesti più ampi.”
Il voto di approvazione è stato testato di recente in città come St. Louis e Fargo, ma non ha ancora trovato una diffusione capillare. Un’adozione a livello nazionale potrebbe portare a un maggiore pluralismo politico, favorendo candidati indipendenti e allargando il ventaglio di opzioni per l’elettorato.
Elezioni USA, le implicazioni per il futuro della democrazia
Quale sistema di voto sarebbe più adatto per un paese così diversificato come gli Stati Uniti? Ognuno di questi metodi ha i propri vantaggi e limiti, e la scelta potrebbe influenzare la democrazia stessa. Secondo il teorema dell’impossibilità di Arrow1, nessun sistema di voto può soddisfare tutti i criteri di equità: una verità che anche studiosi come Dan Ullman della George Washington University non smettono di sottolineare ai propri studenti.
“Non esiste un metodo perfetto. Ogni sistema soddisfa alcuni criteri a scapito di altri. È una questione di scegliere cosa sia più importante.”
In definitiva, la scelta del sistema elettorale rappresenta un atto di fiducia nelle priorità che si vogliono privilegiare. Semplificare il processo? Garantire una maggioranza? Favorire candidati indipendenti? Dare voce ai moderati? O magari ad una AI? Ognuna di queste opzioni porta a un diverso tipo di democrazia.
Quale sarà il futuro sistema di voto ideale?
Con l’avanzare delle nuove tecnologie e il continuo dibattito sul tema, è possibile che il sistema di voto degli Stati Uniti sia destinato a evolversi. Potremmo assistere a una maggiore diffusione di sistemi alternativi come RCV o il voto di approvazione, soprattutto in contesti locali. In un’epoca in cui la partecipazione elettorale e la rappresentatività sono più importanti che mai, la sperimentazione di metodi diversi potrebbe essere la chiave per una democrazia più dinamica e inclusiva. Tuttavia, una vera riforma richiederebbe il sostegno e la volontà politica di superare le consuetudini, per abbracciare un’idea di democrazia che rispecchi una società sempre più complessa e interconnessa.
E alla fine, tutto torna alla domanda iniziale: Harris o Trump?
Qualunque sia il risultato che emergerà nella notte tra il 5 e il 6 novembre, e indipendentemente dal sistema di voto adottato, questa elezione rappresenta più di una scelta tra due candidati. È uno specchio delle sfide della democrazia moderna, che continua a evolversi per riflettere la complessità e le divisioni di una società in trasformazione. Il futuro, alla fine, dipenderà non solo dai leader eletti ma anche dal modo in cui scegliamo di eleggerli. E speriamo non sia così cupo come qualcuno si attende.
- In pratica, Arrow dimostra matematicamente che è impossibile creare un sistema elettorale che soddisfi contemporaneamente alcune condizioni ragionevoli che ci aspetteremmo da un processo decisionale democratico, come: Considerare le preferenze di tutti i votanti – Non essere influenzato da opzioni irrilevanti – Non avere un “dittatore” che decide per tutti -Produrre sempre un risultato chiaro e coerente. Quindi, secondo Arrow, ogni sistema di voto avrà inevitabilmente qualche difetto o paradosso. Non esiste un metodo perfetto per aggregare le preferenze individuali in una scelta collettiva che rispetti sempre tutti i criteri desiderabili. Questo teorema evidenzia i limiti intrinseci della democrazia e dei processi decisionali di gruppo, mostrando che è matematicamente impossibile avere un sistema di voto ideale che funzioni sempre in modo equo e razionale in tutte le situazioni. ↩︎