Una nanoparticella “affamata” che entra nel tuo corpo e mangia le tue scorie interne sembra quasi un incubo uscito da un romanzo di Dick, ma potrebbe essere una futura difesa. Per quanto possa sembrare assurdo, potrebbe essere infallibile contro infarti, ictus e altre malattie mortali.
Sviluppata dagli scienziati delle università dello Stato del Michigan e di Stanford, l’innovativa nanoparticella chiamata “Trojan Horse” (un nome mutuato più al mondo dei virus informatici che alla mitologia) lavora sgranocchiando porzioni delle placche responsabili degli attacchi di cuore.
Per rappresentare meglio il concept, i ricercatori hanno recentemente dimostrato che la nanoparticella appositamente sviluppata è in grado di adattarsi con precisione alla placca responsabile dell’arteriosclerosi, una delle principali cause di morte.
“La nanoterapia entra nei monociti infiammatori (un tipo di globuli bianchi) nel sangue e li trasporta nella placca dove diventano macrofagi che divorano detriti cellulari”, ha detto Bryan Smith, professore associato di ingegneria biomedica presso MSU.
Trojan Horse: la nanoparticella stabilizza la placca con effetti collaterali minimi.
E non si limitano a fornire un grande supporto a chi rischia un infarto: la nanoparticella è già potenzialmente rivoluzionaria e può essere adoperata in molte altre applicazioni (delle nanomacchine ho parlato qui a dicembre).
“Ci si potrebbe chiedere: può curare il cancro?”, Ha detto Smith. “Pensiamo di sì. Tuttavia, tali altre malattie richiedono molta più ricerca. Questa strategia migliora i trattamenti esistenti grazie alla sua selettività. La nanoparticella è squisitamente selettiva verso i monociti e i macrofagi infiammatori, il che le consente di ridurre gli effetti collaterali che possono essere associati ad altri trattamenti. “
Non è ancora partito il test sull’uomo
Finora, i ricercatori hanno dimostrato efficacia in un piatto di coltura e in due tipi di topi che hanno sviluppato l’arteriosclerosi.
Successivamente hanno in programma di testare modelli animali e tessuti umani di grandi dimensioni, oltre a esaminare in che modo la loro nanoparticella funziona “portando” altri trattamenti.
Può funzionare anche come strumento diagnostico
Il team esplora anche il modo in cui la nanoparticella potrebbe essere utilizzata come strumento di diagnostica per immagini, evidenziando particolari cellule.
L’articolo che descrive l’interessante studio è stato recentemente pubblicato sulla rivista Nature Nanotechnology. Divoratelo!