The Storytellers Project è un delizioso e ambizioso progetto tecnologico e relazionale ideato da Laura Boffi che coinvolge diverse generazioni. Un ponte, anzi: una piattaforma per connettere emotivamente grandi e piccoli.
Immaginate una campana magica, Storybell, che ad un comando trasmette ai bimbi una favola letta in quel preciso istante da una libreria locale. Una voce gentile, una storia appassionante. The Storytellers Project è qualcuno in carne e ossa che dà vita ad un oggetto, al quale fare una domanda vecchia come il mondo: mi racconti una storia?
Ora smettete di immaginare: The Storytellers Project è un progetto reale, da poco co-finanziato dalla Commissione Europea e ideato da Laura Boffi. Consulente, ricercatrice ed esperta di design interattivo ed esperienze utente, Laura Boffi ha un palmares lungo come la barba di Giobbe, ma mostra la stessa divertita e determinata passione degli inizi. L’ho intervistata con grande gioia e curiosità.
Cara Laura, raccontami una storia: quella del tuo progetto. Come è nato The Storytellers Project?
L’idea di The Storytellers Project è nata nel 2016. Era nato da poco mio figlio e sua nonna aveva cominciato a leggergli libri per l’infanzia da subito. Mi sorprendeva quanto entrambi fossero coinvolti dalle loro letture, concentrati ed intimi.
Nel frattempo in quell’ultimo periodo avevo lavorato ad alcuni progetti europei sull’ “active & healthy ageing” che avevano lo scopo di supportare le persone anziane a vivere indipendentemente anche attraverso l’uso sensato delle tecnologie.
Attraverso il mio lavoro di ricerca che coinvolgeva in modo partecipativo le persone anziane, avevo maturato una mia certa idea critica sull’approccio tecnologico assistivo (assistive technology) nei confronti dell’ “ageing”, a volte stigmatizzante, troppo viziato dai preconcetti legati all’invecchiamento e che, pur non essendo in alcun modo nelle intenzioni dei ricercatori, rischiava di isolare ancora di più gli anziani.
Il mio diventare mamma e l’esempio positivo della nonna di mio figlio mi hanno aperto alle relazioni intergenerazionali e mi sono posta la domanda di come supportarle.
Se invece di disegnare l’ennesima casa domotica per le persone anziane, dessimo loro la possibilità di entrare a contatto naturalmente con i bambini attraverso la lettura?
Potrebbero poi nascere delle relazioni da coltivare al di là della “scusa” della storia da leggere?
Potremmo prevenire la nascita degli stereotipi legati agli anziani e all’invecchiamento da parte delle altre generazioni?
In questo modo si è sviluppata l’idea di The Storytellers Project: un servizio di letture remote in cui una comunità di lettori senior viene formata dalle biblioteche locali e poi può leggere a distanza ai bambini che avranno preso in prestito dalla biblioteca i robot Storybell.
Come funzionano le Storybell?
Le Storybell sono delle campane robotiche che i bimbi prendono in prestito dalla biblioteca e portano a casa propria. Quando il bimbo vuole che gli venga raccontata una storia, può suonare la campana e una telefonata arriva in quel momento a tutti i lettori disponibili, gli storytellers. Il primo lettore a rispondere al telefono diventa il lettore del bambino per quella volta. Il bambino ascolterà e parlerà al lettore attraverso la campana, il lettore userà il suo telefono.
Allo stesso modo, il lettore può prendere l’iniziativa e invitare un bambino alla lettura. Il lettore avrà una applicazione sul cellulare attraverso cui “invitare” i bambini in quel momento. Le Storybells accese inizieranno a muoversi e girare in casa alla ricerca di attenzione. Il primo bambino a sollevare la propria da terra e suonarla accetterà l’invito di quel lettore e i due potranno parlarsi ed iniziare una sessione di lettura.
La comunicazione attraverso le Storybells è in tempo reale e reciproca.
L’idea di donare a un dispositivo elettronico una scintilla vitale è romantica e commovente. Aldilà degli aspetti legati alla sperimentazione, pensi che sia un paradigma sostenibile?
Si, lo è perché attraverso la mia ricerca con le persone scopro che per loro ha significato e naturale nell’adozione e uso. E’ sostenibile perché umano.
Ed essendo “umano”, vedo che non viene percepita alcun tipo di “preoccupazione” attorno alla Storybell, che è alla fine è pur sempre una specie di robot di telepresenza.
Non ci sono stati attriti tra modello mentale delle persone e aspetti tecnologici.
Il futuro vedrà progetti in cui l’intelligenza che fa la differenza sarà più umana o artificiale? Qual è la parte che possiamo fare noi per marcare una differenza?
Posso risponderti solo come persona e come designer, non ho una risposta completa alla tua domanda.
Come persona, posso tentare di pormi sempre critica verso ci che mi circonda e pormi nuove domande con una mente aperta.
Come designer, posso provare a rispondere a queste domande in maniera creativa e progettare comportamenti sensati per le tecnologie, in modo tale che mi aiutino a creare le risposte progettuali che mi prefiggo. Il mio scopo come progettista non è la progettazione di intelligenze artificiali fini a se stesse, e neanche di supportare le interazioni “uomo- macchina”.
Ultimamente ho finalmente più chiaro che i miei progetti hanno lo scopo di supportare le interazioni tra persone ed utilizzo la tecnologia per fare questo. Secondo me ci vuole sia l’intelligenza umana, da parte degli uomini, sia l’intelligenza delle macchine, ovvero comportamenti progettati dagli uomini per le macchine. E’ un mix, ma l’intelligenza umana deve provenire ed essere esercitata prima di tutto dagli uomini.
Il tuo approccio alla professione è eclettico e proattivo: hai già un prossimo progetto in mente?
Ne ho uno in progress, si chiama Co-Drive (https:// carswithanintent.com/codrive), ispirato dalle possibilità delle auto (semi) autonome e, di nuovo, con lo scopo di supportare i rapporti intergenerazionali.
Robot (di diverse scale, dal domestico all’urbano) per favorire (primi) incontri tra generazioni distanti che non si incontrerebbero nella realtà attuale ricca di stigma legati all’età e preconcetti.
Grazie! :)
Grazie a te, Laura. Oggi e domani.
Corsi e ricorsi storici
L’amico Fabrizio Bartoloni mi ha stimolato a riprendere un’assonanza che aveva sfiorato la mia mente. Questo progetto ha una eco, una chiave evolutiva e tecnologica delle romantiche “Favole al telefono” di Gianni Rodari, favoloso progetto pubblicato nel 1962 da Einaudi. Un altro straordinario “fabbricante di futuro”. (a proposito, se vi va di ascoltarle, o farle ascoltare a dei bimbi, eccone qualcuna qui)