Ricordate l’Agromining? È la pratica oggetto di un fortunato articolo di FuturoProssimo rilanciato dalla Rai e da altre testate nazionali. Lo scorso anno fu una sorpresa per tanti sapere che le piante ”trasudano” abbastanza metallo da poter creare miniere… di piante: oggi la cosa è più familiare, e gli esempi si moltiplicano nel mondo.
Un team di ricerca, ad esempio, sta facendo agromining “coltivando” piante nel nord della Grecia. In un campo remoto e bellissimo, sulle alture del Pindo in Epiro, i ricercatori sperimentano un trio di arbusti noti agli scienziati come “iperaccumulatori”: piante che hanno sviluppato la capacità di prosperare in terreni naturalmente ricchi di metalli che sarebbero tossici per la maggior parte delle forme di vita.
Lo fanno “succhiando” letteralmente questi metalli dal terreno e conservandoli nelle foglie e negli steli, dove può essere raccolto.
Metalli e bonifica all-in-one
Oltre a fornire una fonte di metalli rari (in questo caso il nichel, ma ci sono piante che “estraggono” zinco, alluminio, cadmio e molti altri metalli, perfino l’oro) queste piante fanno un nobile lavoro.
Quale? Quello di migliorare il suolo bonificandolo dagli elementi tossici e rendendolo adatto ad altre colture e sequestrando il carbonio nelle loro radici. Un giorno l’agromining potrebbe soppiantare forme più distruttive e inquinanti di estrazione mineraria.
Agromining in Grecia: le piante prescelte
I tre impianti di agromining testati in Grecia, parte di una rete di lotti di ricerca in tutta Europa, sono endemici della regione. Le piante prescelte sono 3. L’Alyssum murale, che cresce in bassi cespugli sormontati da mazzi di fiori gialli, è originario dell’Albania e della Grecia settentrionale; la Leptoplax emarginata (più alta ed esile, con grappoli di foglie verdi e petali bianchi) che si trova solo in Grecia. Infine, la Bornmuellera tymphaea, la più efficiente delle tre, che si trova solo alle pendici del Pindo.
Quello che ho capito di queste piante (e dell’agromining) è che, data la loro storia evolutiva e la loro stretta associazione con il suolo, sono il paradigma della immensa capacità di adattamento della natura.
Gli esseri umani hanno cercato depositi di metalli rari per migliaia di anni. E hanno sviluppato modi sempre più violenti per strapparli alla terra, ma queste piante esistono da molto più tempo e hanno trovato modi più equi e rigenerativi per fare più o meno la stessa cosa. Da loro abbiamo tutto, tutto da imparare.
Non solo agromining: la Natura è maestra
Gli iperaccumulatori usati per l’agromining sono ben lungi dall’essere gli unici “non umani” da cui potremmo imparare, come ci mostra la ricerca scientifica degli ultimi decenni.
Un altro esempio, al volo? Le muffe melmose: una via di mezzo tra i funghi e le amebe, infallibili nel risolvere alcuni problemi matematici molto difficili.
I ricercatori dell’Università di Lanzhou in Cina hanno dimostrato che il Physarum polycephalum, una muffa melmosa particolarmente vivace, può risolvere il problema del “commesso ambulante” (un test per trovare il percorso più breve tra più città) più velocemente e in modo più efficiente di qualsiasi supercomputer umano abbia escogitato.