Il telelavoro ha tardato a prendere quota in Giappone, ma con la pandemia anche da quelle parti hanno scoperto i suoi benefici. Tsutomu Kojima, dipendente della Hitachi e padre di due figli, lavorava a distanza, ma dalla famiglia. Si sentiva “molto solo”, poi ha iniziato a lavorare a distanza (dall’azienda) e le cose sono cambiate.
È solo un caso tra tanti, ovviamente: certo, era logico che un paese con l’ossessione per i timbri inchiostrati e i fax questo cambiamento avrebbe fatto più fatica. Prima del Covid-19, solo il 9% dell’intera forza lavoro giapponese aveva svolto telelavoro (negli USA il 32%, il Germania il 22%, fonte Nomura Research Institute). Qualcosa però ha iniziato a cambiare seriamente.
Telelavoro, una rivoluzione silenziosa
La rigida cultura aziendale del paese sta facendo i conti con le esigenze di flessibilità del personale (che una volta tirava tardi e praticamente viveva in azienda). Tsutomu Kojima, come detto, non faceva eccezione. Viveva da solo negli alloggi forniti da Hitachi vicino a Tokyo, a un’ora e mezza di treno (veloce) dalla sua famiglia a Nagoya.
Vedeva moglie e figli solo due volte al mese. Oggi il 44enne lavora esclusivamente da casa e dice di essere più produttivo e più vicino alle sue figlie adolescenti. “Ho più tempo per aiutarli con i loro studi. La mia più giovane mi ha detto che spera che le cose rimangano così. Mi sentivo davvero solo a Tokyo, ma da allora ha capito che il vero equilibrio è non rinunciare alla famiglia”.
Vecchie abitudini
Con la pandemia e nonostante non sia stato dato alcun ordine tassativo, nel 2020 il 33% dei lavori in Giappone è stato svolto da remoto. Oggi siamo scesi al 20%, ma è ancora più del doppio rispetto al periodo pre-Covid.
Gli sforzi in direzione del telelavoro hanno “aiutato” governo e aziende anche a studiare modi per eliminare i “vecchi” timbri personali a inchiostro, usati per autenticare i documenti, e naturalmente il vetusto e inseparabile fax. Tutti retaggi del ventennio dagli anni ’70 agli anni ’90: un “Giappone da bere”, in pieno boom.
Oggi le condizioni sono cambiate radicalmente, e i risultati positivi del lavoro da casa stanno sorprendendo positivamente anche la società nipponica, spesso più impegnata a mostrare impegno e dedizione che non a centrare obiettivi e risultati.
Nuovi equilibri
Questo nuovo rimescolamento YOLO “in salsa teryaki” sta cambiando anche il rapporto tra città e provincia. Secondo Teikoku Databank, un numero record di sedi aziendali si è allontanato da Tokyo, che ha visto scendere per la prima volta in 26 anni la sua popolazione.
Ancora una storia: quella di Kazuki e Shizuka Kimura, una coppia che si è regalata una casa al mare dopo aver venduto un angusto appartamento nella capitale giapponese. I due, entrambi nel settore marketing, ora lavorano da Fujisawa, una cittadina di mare a sud-ovest da Tokyo.
“È stato il COVID a farci fare il salto”, dice Kazuki Kimura, che ha anche molti colleghi in procinto di fare scelte simili.
Telelavoro, non si torna indietro?
Sempre più persone stanno dando la priorità al proprio benessere, piuttosto che al proprio lavoro anche in Giappone, ma le resistenze al cambiamento non sono sparite. Molti si chiedono se ci sarà un “rigetto” del nuovo equilibrio, o se si andrà avanti.
È chiaro che le aziende più piccole potrebbero essere più lente nell’adattarsi a nuovi stili di lavoro rispetto alle grandi aziende come Hitachi, Panasonic o il gigante delle telecomunicazioni NTT.
Il lavoro a distanza può anche rappresentare un problema per la formazione delle nuove leve, e questa è una verità incontrovertibile.
A parte questo aspetto, che richiederà aggiustamenti e forme “ibride e luminose” di lavoro (come altrove, peraltro) una tendenza è destinata a restare: incontrarsi e “vivere” in ufficio non sarà più così importante per il Sol Levante.
Ogni persona, ogni azienda devono trovare un nuovo equilibrio, a modo suo e con i suoi tempi. E ovunque sarà la sua sede, Minasan, otsukaresamadeshita. O se preferite, みなさん、お疲れ様でした.