Un gruppo di ricercatori ha trovato un nuovo modo per inserire informazioni negli alimenti stampati in 3D: con un QR Code sistemato all’interno dell’alimento stesso! Addio etichette aggiuntive, e nessuna differenza di sapore o di aspetto esterno.
Interiqr, il QR Code stampato all’interno dei cibi
La tecnologia è nota come “interiqr” (una contrazione di “interior QR”) ed è stata sviluppata da un team dell’Università di Osaka in Giappone. Trovate qui la pagina del progetto. La loro prima “proof of concept” per dimostrare questa tecnologia è stata una bella teglia di biscotti stampati in 3D. Fuori, lisci e dall’aspetto normale. Dentro, uno schema di vuoti d’aria che realizzava un vero e proprio QR code.
A cosa serve? In condizione di luce normale, cibi del genere hanno un aspetto ordinario. Se illuminati, invece, è possibile inquadrarli con uno smartphone per raccogliere informazioni e dati richiamati dal codice stampato al loro interno.
Un modo infallibile per tracciare perfettamente un alimento, e per evitare contraffazioni alimentari. E un’evoluzione di tecnologie simili sperimentate di recente per le bevande alcoliche.
Siamo solo all’inizio
Inutile dire che, nella sua forma attuale, la tecnologia sarebbe limitata all’uso in alimenti stampati in 3D relativamente sottili e alquanto traslucidi. Gli scienziati ritengono però che questa tecnologia di QR code interno potrebbe fornire un’alternativa ad approcci più lunghi e costosi come le etichette di carta sistemate sulla frutta, o i tag RFID sugli imballaggi.
Senza contare il fatto che un sistema del genere permetterebbe anche di ridurre i packaging, perchè non sarebbe più necessario inserire tutti i dati sulla confezione esterna.
Faccio prima a mostrarvi un video.
“Confidiamo che il nostro metodo di stampa 3D possa migliorare la tracciabilità e la sicurezza degli alimenti”, afferma l’autore senior dello studio, Kosuke Sato. “Può essere utilizzato anche per fornire nuove esperienze alimentari attraverso la realtà aumentata, un nuovo entusiasmante campo nell’industria alimentare”.
Che ne pensate?