In passato, la pubblicazione di articoli scientifici e tecnologici aveva ritmi più blandi. Negli ultimi decenni, il numero di articoli pubblicati è cresciuto in modo esponenziale. Eppure, nonostante questo aumento, la “dirompenza” di questi articoli e delle relative scoperte scientifiche è molto diminuita.
Un’analisi dei dati di milioni di manoscritti scientifici mostra che, rispetto a ricerche e brevetti negli anni ’50 e ’60, quelli negli anni 2000 avevano molte più probabilità di spingere la scienza in avanti in modo incrementale, più che di deviare verso nuove direzioni e rendere obsoleto il lavoro precedente.
In altri termini? Sembra che gli scienziati stiano diventando sempre più concentrati su piccoli miglioramenti incrementali piuttosto che su grandi scoperte scientifiche “dirompenti”.
La fine delle rivoluzioni scientifiche
“Dati alla mano, c’è un cambiamento in atto.” A dirlo è Russell Funk, sociologo dell’Università del Minnesota a Minneapolis e coautore dell’analisi recentemente pubblicata su Nature (ve la linko qui). “Non c’è più la stessa quantità di scoperte scientifiche rivoluzionarie di un tempo.”
Per verificare la loro tesi, i ricercatori hanno utilizzato i dati sulle citazioni di ben 45 milioni di manoscritti di ricerca e 3,9 milioni di brevetti. Hanno calcolato un indice di dirompenza, chiamato indice CD, che va da -1 per i lavori meno rivoluzionari a 1 per quelli più dirompenti. I risultati hanno mostrato che dal 1945 al 2010 l’indice CD medio è diminuito drasticamente, del 90% circa per i manoscritti di ricerca, e del 78% per i brevetti.
Crollo delle scoperte scientifiche “dirompenti”. Perchè?
Per comprendere le ragioni dietro questo drastico cambiamento, è importante analizzare le dinamiche all’interno dell’ambiente scientifico, sottolineano i ricercatori.
La tendenza al ribasso delle nuove scoperte potrebbe essere dovuta a diversi fattori. Uno di questi potrebbe essere l’aumento del numero di ricercatori attivi nel campo. Questo ha creato un ambiente più competitivo e ha alzato la posta in gioco per pubblicare ricerche e cercare brevetti. Una dinamica che sta finendo per “plasmare” letteralmente la direzione di ricerche e scoperte scientifiche.
Ad esempio, i grandi team di ricerca sono diventati sempre più comuni: questi team hanno maggiori probabilità di produrre ricerche che apportano incrementi minori piuttosto che scoperte rivoluzionarie.
È un male?
La “dirompenza” delle scoperte scientifiche non è intrinsecamente buona, così come la scienza incrementale non è necessariamente cattiva, dicono gli autori dello studio.
Certo, l’ideale sarebbe un sano mix di ricerca incrementale e dirompente, dice John Walsh, specialista in politica scientifica e tecnologica presso il Georgia Institute of Technology di Atlanta.
Rivoluzionare un campo e poi migliorare le scoperte scientifiche, insomma, anziché lanciarsi solo in avanti con poche applicazioni pratiche sul breve termine, o perdersi in infiniti e minuscoli miglioramenti.
Mi auguro che la scienza stia andando verso un “mescolamento” delle due tendenze, e che questi dati non indichino invece una stagnazione. Nel qual caso, il nostro sistema di incentivi e programmi scientifici andrebbe rivisto del tutto.