Inoltrarsi in una foresta densa e silenziosa. Sentire di tanto in tanto un fruscio tra gli alberi, un sussurro di foglie, senza riuscire a identificarne la fonte. Questo è il mistero che avvolge la coscienza “nascosta” nei pazienti in coma. Una presenza silente, ma palpabile, che è sempre sfuggita alla nostra comprensione.
Oggi, come un raggio di luce che penetra tra gli alberi, gli scienziati della Columbia University stanno iniziando a svelare questo enigma. E stanno mostrando che, anche quando il corpo tace, la mente potrebbe ancora parlare.
Coma, la coscienza oltre il visibile
La maggior parte di noi associa il coma a un profondo stato di incoscienza: la realtà è molto più complessa. La recente ricerca condotta da un team della Columbia University negli Stati Uniti e pubblicata sulla rivista Brain (ve la linko qui) ha rivelato che una percentuale significativa di pazienti in coma mostra segni di coscienza nascosta. Una condizione nota come dissociazione motoria cognitiva (CMD).
La CMD si verifica in circa il 15-25% delle persone con lesioni cerebrali causate da traumi cranici, emorragie cerebrali o arresti cardiaci. In questi pazienti, c’è una sorta di “interruzione” tra le istruzioni provenienti dal cervello e i muscoli necessari per eseguire tali istruzioni. Ma come hanno fatto gli scienziati a scoprire questa condizione così elusiva?
La Bi-Clustering Analysis
Qi Shen, biostatistico della Columbia University, spiega: “usando una tecnica che abbiamo sviluppato, chiamata bi-clustering analysis, siamo stati in grado di identificare modelli di lesioni cerebrali condivisi tra pazienti con CMD e confrontarli con quelli senza CMD”. Questa analisi ha permesso di ottenere una visione chiara delle differenze.
Gli elettroencefalogrammi (EEG) sono stati utilizzati per osservare l’attività cerebrale di 107 partecipanti allo studio. Quando è stato chiesto loro di eseguire semplici movimenti, 21 persone sono state identificate come portatrici di CMD. I risultati sono stati poi integrati con scansioni di risonanza magnetica (MRI) e tecniche di apprendimento automatico per individuare schemi associati a specifiche regioni e attività cerebrali.
Implicazioni cliniche
Tutti i pazienti in coma con CMD avevano strutture cerebrali intatte legate alla comprensione dei comandi. Questo suggerisce che le istruzioni verbali potrebbero effettivamente essere ascoltate e comprese. Tuttavia, c’erano lacune strutturali nelle regioni legate all’azione fisica, spiegando l’incapacità di muoversi in risposta.
Jan Claassen, neurologo della Columbia University che lo scorso ottobre ha iniziato a studiare questi casi a partire da quello di una donna in coma, esprime ottimismo. “Il nostro studio mostra che potrebbe essere possibile cercare la coscienza nascosta utilizzando l’imaging cerebrale strutturale ampiamente disponibile. Avvicineremo la rilevazione della CMD all’uso clinico generale”.
Rompere il silenzio del coma
L’obiettivo ultimo della ricerca è avere strumenti di analisi e rilevazione disponibili ovunque vengano trattate lesioni cerebrali. Con una maggiore comprensione dei tipi di danni cerebrali che influenzano effettivamente la coscienza, possiamo sperare in trattamenti più efficaci. Soprattutto, possiamo sperare in una maggiore speranza per chi è intrappolato in stati simili al coma.
Dietro il silenzio potrebbe esserci una mente che ascolta, capisce e spera. E grazie alla scienza stiamo (lentamente ma inesorabilmente) provando a liberarla.